L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 26 marzo  2014,
ha approvato il disegno di legge n. 381-3-306-346 dal  titolo  «Norme
per la tutela della salute e  del  territorio  dai  rischi  derivanti
dall'amianto», pervenuto a questo Commissariato dello  Stato  per  la
Regione Siciliana, ai sensi e per  gli  effetti  dell'art.  28  dello
Statuto Speciale, il 29 marzo 2014. 
    L'art. 7 da' adito a censure per  violazione  dell'art.  117,  3°
comma della Costituzione. 
    Il comma 2 del predetto articolo dispone che, «con  deliberazione
della Giunta regionale, previo parere  delle  competenti  Commissioni
legislative dell'Assemblea regionale, sono  stabilite  le  misure  di
sostegno  economico  a  valere  sul  bilancio   della   Regione   per
l'esercizio  finanziario  2014,  per  contribuire,  in  relazione  al
reddito familiare valevole ai fini IRPEF, alle spese per  prestazioni
sanitarie e socio-assistenziali effettivamente sostenute da  pazienti
esposti ed ex esposti affetti da  patologie  causate  dall'amianto  e
residenti  in  Sicilia,  nel  periodo  compreso  tra   la   data   di
presentazione della domanda  per  il  riconoscimento  della  malattia
professionale e la data del suo accoglimento». 
    Il  successivo  comma  4  prescrive,  invece,  che  «con  Decreto
dell'Assessore per la salute sono  stabilite  le  condizioni  per  la
esenzione  dalla  compartecipazione  al   costo   delle   prestazioni
sanitarie  in  favore  dei  pazienti  affetti  da  patologie  asbesto
correlate». 
    In proposito, si rileva che, con riferimento ai soggetti  affetti
da  patologie  causate  dall'esposizione  all'amianto,   la   vigente
normativa  nazionale  non  prevede  l'erogazione   di   un   sussidio
economico, ne' il riconoscimento del diritto  all'esenzione,  laddove
la patologia non sia riconducibile ad una  delle  patologie  croniche
gia' contemplate dal d.m. n. 329/99 («Regolamento  recante  norme  di
individuazione  delle  malattie  croniche  e  invalidanti  ai   sensi
dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del d.lgs. 29 aprile  1998,  n.
124»). 
    Pur  comprendendo  e  condividendo  la  valenza   sociale   delle
richiamate disposizioni regionali,  non  puo'  non  rilevarsi  che  i
benefici da esse previste individuano livelli ulteriori di assistenza
che la  Regione,  in  quanto  sottoposta  al  Piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario,  non  puo'  garantire,  come  sancito  anche  da
recente giurisprudenza costituzionale. 
    L'articolo 2, commi 80 e 95, della legge  23  dicembre  2009,  n.
191, infatti dispone che «gli interventi  individuati  dal  piano  di
rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a  rimuovere
i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». 
    Codesta Corte, in proposito con  la  sentenza  n.  104/2013,  nel
confermare    la    precedente    giurisprudenza    ha     dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale di  norme  regionali  istitutive  di
misure di assistenza  supplementare  «in  contrasto  con  l'obiettivo
dichiarato del Piano di rientro di riequilibrare il profilo erogativo
dei livelli essenziali di assistenza»  (sentenza  n.  32  del  2012),
ovvero istitutive di uffici al di fuori delle previsioni del Piano di
rientro  (sentenza  n.  131  del  2012),  o  ancora  di  disposizioni
regionali «in controtendenza rispetto all'obiettivo del  contenimento
della spesa sanitaria regionale» (sentenza n. 123 del 2011)". 
    In base a quanto premesso non ci si puo' esimere da sottoporre al
vaglio di codesta Corte le disposizioni dei commi 2, 3 e 4  dell'art.
7 per violazione dell'art. 117, 3° comma della Costituzione in quanto
dispongono l'assunzione a carico  del  bilancio  regionale  di  oneri
aggiuntivi per garantire un livello di  assistenza  supplementare  in
contrasto con gli obiettivi di  risanamento  del  Piano  di  rientro,
violando il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria,
quale principio di coordinamento della finanza pubblica. 
    Le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell'art.  13,  che  di
seguito si trascrive, danno adito a censure di costituzionalita'  per
violazione degli artt. 23 e 97, 1° comma della Costituzione. 
    «Art.  13  (Vigilanza  e  sanzioni).  -  1.  Ferme  restando   le
competenze attribuite dalla vigente legislazione statale, le funzioni
di vigilanza e controllo sugli adempimenti  previsti  dalla  presente
legge sono assicurate dall'Ufficio amianto del Dipartimento regionale
della protezione  civile  di  concerto  con  l'A.R.P.A.,  le  Aziende
sanitarie  provinciali  e  la  polizia  municipale   territorialmente
competente. 
    2. Qualora gli uffici competenti dei  comuni  non  consentano  il
raggiungimento degli obiettivi o si ravvisino  negligenze  o  ritardi
non giustificabili che pregiudichino il conseguimento degli scopi, si
applica a carico dei componenti degli uffici stessi una riduzione del
50 per cento degli importi relativi alla retribuzione accessoria e di
risultato su base annua spettante. 
    3. La violazione dell'obbligo di cui  all'articolo  4,  comma  1,
lettera  l),  comporta  la  decurtazione  a  carico  del  Commissario
straordinario o del direttore generale,  del  direttore  sanitario  e
delle unita' operative delegate alla vigilanza dell'Azienda sanitaria
provinciale territorialmente  competente,  del  30  per  cento  delle
indennita' accessorie e di risultato. 
    4. Le sanzioni amministrative riscosse e  le  economie  derivanti
dalle  decurtazioni  comminate  confluiscono  in  un  apposito  fondo
destinato al finanziamento della rimozione e smaltimento dell'amianto
con priorita' per i manufatti di competenza degli enti locali. 
    I suddetti commi prevedono,  rispettivamente,  l'applicazione  di
sanzioni amministrative di elevato importo  a  carico  di  indistinti
componenti degli Uffici comunali e  la  decurtazione  del  30%  delle
retribuzioni accessorie e di risultato degli organi di vertice  delle
Aziende  Sanitarie  Provinciali  e  di  non  meglio  definite  unita'
operative delegate alla vigilanza, nel caso in  cui  abbiano  violato
l'obbligo di monitorare, in collaborazione  con  l'Ufficio  regionale
dell'amianto teste' istituito, i siti pubblici o ad utilizzo pubblico
con maggiore rischio sanitario per la popolazione. 
    In proposito  si  rileva  che,  se  da  un  lato  il  legislatore
regionale nella sua discrezionalita' ben puo', per reprimere condotte
antidoverose, prevedere sanzioni pecuniarie, dall'altro lo stesso non
e'  esente  dal  rispetto  di  parametri  costituzionali  che   nella
fattispecie sono rinvenibili negli artt. 23 e 97 della  Costituzione.
Invero   le   norme   censurate   non   contengono   la   sufficiente
determinazione,  richiesta  dall'art.23   della   Costituzione,   dei
presupposti per obbligare  i  dipendenti  pubblici  alla  prestazione
patrimoniale della decurtazione delle retribuzioni e/o della sanzione
amministrativa. Il principio costituzionale della riserva  di  legge,
seppure non assoluto,  puo'  ritenersi  rispettato  soltanto  quando,
anche in assenza di una espressa indicazione legislativa sui criteri,
limiti   e   controlli   sufficienti   a   delimitare   l'ambito   di
discrezionalita' dell'amministrazione, gli stessi  siano  in  qualche
modo desumibili dall'insieme della  disciplina  considerata  o  dalla
composizione o funzionamento dell'autorita' competente  o  anche  dal
sistema procedimentale che prevede la collaborazione di  piu'  organi
(Corte costituzionale sentt. nn 236/94, 180/96, 215/98, 507788). 
    Codesta  Corte,  con  costante  giurisprudenza,   ha   affermato,
infatti, che il principio posto dall'art. 23 della Costituzione esige
che  nella  legge  siano  quantomeno  indicati   criteri   idonei   e
sufficienti a  delimitare  le  discrezionalita'  dell'Amministrazione
titolare della potesta' sanzionatoria e impositiva della  prestazioni
patrimoniali in modo tale che sia  preclusa  la  possibilita'  di  un
esercizio arbitrario della stessa (ex plurimis sentenza C.C. 67/73). 
    Orbene, alla luce delle prime esposte  considerazioni,  le  norme
contenute nell'art. 13 in tema di vigilanza e sanzione  risultano  in
contrasto con l'art. 23 della Costituzione in quanto innanzitutto non
prevedono ne'  espressamente,  ne'  indirettamente,  i  titolari  del
potere sanzionatorio e quindi l'autorita' competente  ad  erogare  la
sanzione e a verificare la violazione dell'obbligo. Il primo comma si
limita infatti a richiamare le competenze  attribuite  dalla  vigente
legislazione statale, senza, peraltro, preoccuparsi di ripartirle fra
il neo-costituito Ufficio Amianto del  Dipartimento  Regionale  della
protezione civile, l'Agenzia Regionale per la protezione  ambientale,
le azienda sanitarie provinciali e la Polizia municipale,  ne'  tanto
meno e' possibile rinvenire all'interno dell'intero testo legislativo
una  specifica  individuazione  del  soggetto  titolare  del   potere
sanzionatorio. 
    Per quanto attiene poi ai soggetti passivi, cui viene inflitta la
sanzione, il legislatore al  2°  comma  l'identifica  nei  dipendenti
comunali appartenenti ai «competenti uffici» senza specificare  quale
siano  quest'ultimi,  ne'  il  ruolo,  ne'  le  funzioni  svolte  dal
personale, ponendo a loro carico una sanzione fissa pari al 50% della
retribuzione accessoria e di risultato annua, indipendentemente dalla
gravita' dell'inadempienza o mancato raggiungimento degli  obiettivi.
La  norma  non  contiene,  peraltro,  la  definizione  del   precetto
limitandosi ad  individuare,  quale  fattispecie  da  sanzionare,  il
mancato raggiungimento degli obiettivi o, in alternativa, non  meglio
precisati «negligenze o ritardi non giustificabili che  pregiudichino
il conseguimento degli scopi». 
    Dall'impianto  normativo  ora  approvato  non  e'  per  di   piu'
desumibile con chiarezza e precisione quali siano gli obiettivi e gli
scopi dei singoli  uffici  e  la  tempistica  puntuale  per  il  loro
conseguimento. 
    Analoghe considerazioni vanno poste per il  terzo  comma  ove,  a
fronte  della  puntuale  indicazione  del  soggetto   passivo   delle
decurtazioni  retributive   (Commissario   straordinario,   Direttore
Generale e Direttore Sanitario per le Aziende Sanitarie Provinciali),
si fa poi genericamente riferimento  non  a  singoli  soggetti  ma  a
strutture organizzative id est «le  unita'  operative  delegate  alla
vigilanza» non specificando se siano da considerarsi  responsabili  i
dirigenti o tutti gli addetti indistintamente. 
    La stessa natura dell'obbligo,  la  cui  violazione  comporta  la
prestazione  patrimoniale,  e'  peraltro  altrettanto   difficilmente
desumibile  e   conseguentemente   rende   incerta   la   valutazione
dell'inosservanza. 
    Si tratta  infatti  del  monitoraggio,  che  secondo  l'accezione
comune  del  termine,  indica  un'osservazione  costante   e   quindi
un'attivita' continua e  ripetuta  nel  tempo  per  cui  risulterebbe
impossibile o quantomeno  difficile,  in  assenza  della  preliminare
determinazione  degli  intervalli  temporali  nei   quali   si   deve
ottemperare all'obbligo di analisi e controllo dei siti  contaminati,
riscontrare la violazione del  precetto  che  produce  l'applicazione
della sanzione. 
    Codesta Corte  ha  affermato  in  piu'  occasioni  la  necessita'
imprescindibile che in ogni conferimento di potere sanzionatorio alla
Pubblica Amministrazione, quale quello in ispecie, sia  osservato  il
principio di legalita'  sostanziale  posto  a  base  dello  Stato  di
diritto. 
    Tale  principio  non  consente  l'assoluta  indeterminatezza  del
potere conferito  dalla  legge  ad  un'autorita'  amministrativa  che
produrrebbe l'effetto di attribuire in pratica una totale liberta' ad
un soggetto o organo investito dalla funzione che, nel caso in esame,
per di piu' non e' neanche individuato. 
    Non e' sufficiente (C.C. sent.  n.  115/11)  che  il  potere  sia
finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma  e'
indispensabile che il suo esercizio sia determinato nei  presupposti,
nel contenuto e  nelle  modalita'  in  modo  tale  da  mantenere  una
costante   seppure   elastica   copertura   legislativa    all'azione
amministrativa. 
    La  Costituzione   italiana   infatti,   ispirata   ai   principi
fondamentali della legalita' e democraticita', richiede  all'art.  23
che nessuna prestazione personale o patrimoniale possa essere imposta
se non in base alla legge. 
    La riserva di legge seppure  di  carattere  relativo  non  relega
tuttavia la legge sullo sfondo ne'  puo'  costituire  giustificazione
sufficiente per un rapporto  con  gli  atti  amministrativi  concreti
ridotto al semplice richiamo formale ad una prescrizione normativa in
bianco senza una precisazione dei contenuti e  dei  modi  dell'azione
amministrativa nella sfera generale di liberta' dei cittadini. 
    Secondo la giurisprudenza di codesta Corte (ex plurimis sent.  n.
190/07) l'art. 23 Cost. richiede invero che la legge che  attribuisce
ad  un  Ente  il  potere  di  imporre  una  prestazione   non   lasci
all'arbitrio dell'Ente impositore la individuazione  dei  presupposti
per la determinazione della prestazione. 
    Inoltre le disposizioni in questione ad  avviso  dello  scrivente
risultano essere in contrasto anche con l'art.  97,  1°  comma  della
Costituzione  in  quanto  la  riserva  di  legge  relativa  in   esso
contemplata ha lo scopo di assicurare l'imparzialita' della  Pubblici
Amministrazione la quale puo' dare soltanto attuazione  a  quanto  e'
previsto in via generale dalla legge. 
    Limite  questo  posto  a  garanzia  dei  cittadini  che   trovano
protezione,  rispetto  a  possibili  discriminazioni,  nel  parametro
legislativo la cui osservanza deve essere concretamente  verificabile
in sede di controllo giurisdizionale. 
    Orbene l'imparzialita' dell'amministrazione nel caso  in  ispecie
non e' garantita «ab initio» dalle  disposizioni  censurate  poste  a
fondamento del potere sanzionatorio. Esse infatti come prima  esposto
sono oltremodo generiche e non definiscono ne'  l'autorita'  titolare
del potere, ne' i soggetti tenuti all'adempimento di un obbligo, ne',
tantomeno, la definizione dell'obbligo stesso. 
    Infatti l'assenza dei limiti nelle norme  in  questione,  se  non
quello  genericamente  finalistico,  non   assicura   l'imparzialita'
dell'agire  amministrativo,   consentendo   piuttosto   all'autorita'
preposta al potere di  vigilanza  di  ritenere  variamente  leciti  o
illeciti gli stessi comportamenti e di sanzionare o  meno  i  singoli
soggetti  ritenuti  rientranti  o  meno  nella   generica   categoria
individuata dalla norma.